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Scritti anonimi in condominio. Scatta l'accertamento calligrafico dei RIS

Sembra un fiction, ma non lo è. Microscopio elettronico, raggi infrarossi e ultravioletti, filtri, E.S.D.A.: le minacce anonime hanno i giorni contati. Il giudice può disporre un'apposita perizia per individuare l'autore (Corte Cass., sez. V, Pen. 24 novembre 2017 n. 57760).

La vicenda. Un condomino è condannato a tre mesi di reclusione per i reati di cui agli artt. 612 e 339 c.p.per aver gravemente minacciato un altro condomino mediante scritti anonimi.

L'imputato propone ricorso avverso la sentenza, sollevando diverse censure, tra le quali il travisamento dell'esito delle indagini dei RIS.

Ad avviso del ricorrente, infatti, le risultanze del Reparto Investigazioni Scientifiche escludevano che si potessero associare gli scritti anonimi a quelli prodotti in giudizio.

Infine, deduceva che la perizia del tecnico d'ufficio fosse affetta da gravi carenze metodologiche; in particolare, il mancato impiego del microscopio elettronico, oltre all'utilizzo del metodo grafonomico e grafometrico, inidoneo al caso di specie, in quanto specifico per l'accertamento dell'autografia. Vediamo cosa ha deciso la Corte a fronte di tali contestazioni tecniche.

Scritti anonimi: minaccia aggravata. La minaccia si concreta nella prospettazione di un male ingiusto, il cui avverarsi dipende dalla volontà dell'agente (Cass. Pen. 8210/1974). Si tratta di un delitto contro la persona e contro la libertà morale. Il reato (art. 612 c.p.) prevede la multa sino a 1032 euro.

Nel caso di specie l'imputato è stato condannato alla reclusione perché la sua condotta è rientrata della minaccia aggravata.

La sua gravità va intesa con riferimento all'entità del turbamento psichico che l'atto intimidatorio può produrre nel soggetto passivo (Cass. Pen. 4386/1974). L'art. 612 c. 2 c.p., infatti, punisce con la reclusione sino ad un anno il reato aggravato da una o più delle circostanze elencate nell'art. 339 c.p.

Inoltre, stante il maggiore disvalore penale del fatto, la procedibilità del reato aggravato diventa d'ufficio.

La pena, quindi, è aumentata se la minaccia è avvenuta mediante armi, da persona travisata, da più persone riunite o con scritto anonimo [1] .

Minacce anonime aventi ad oggetto la vita condominiale. È anonimo lo scritto di cui non sia riconoscibile l'autore [2] .

Tuttavia qualora il tenore del messaggio faccia riferimento ad uno specifico contesto di cui solo un soggetto sia edotto, è chiaro che il contenuto dello scritto possa risultare di per sé solo incriminante.

Nella fattispecie in esame, dalle risultanze probatorie, è emerso che le minacce in forma anonima erano state rivolte "da un soggetto che faceva riferimento a delle vicende chiaramente collegate al contesto in cui lo stesso viveva".

In particolare, si alludeva a questioni di parcheggio, di lavaggio delle auto e di vita condominiale in generale.

Perizie grafologiche sugli scritti anonimi: l'E.S.D.A..Nel caso in esame, il Reparto Investigazioni scientifiche, esaminato il documento, ha evidenziato la presenza di elementi che «puntano nella direzione della provenienza dei termini a confronto dalla medesima origine grafometrica».

In particolare, i RIS si son avvalsi dell'ElectrostaticDetectionApparatus (E.S.D.A.) [3] .

Inoltre, il perito d'ufficio ha acclarato che le scritture sono riconducibili alla grafia dell'imputato.

Censure sulle modalità tecniche adottate. Il reo contestava il mancato utilizzo di apparecchiature quali il microscopio elettronico,raggi infrarossi e ultravioletti, filtri et cetera.

La Suprema Corte precisa come la censura non debba riguardare la metodologia scelta, ma le risultanze.

In altre parole, il ricorrente «ha l'onere di contestare l'esito della prova, non già per sostituire alla tecnica adoperata dal perito e convalidata dal giudice di merito un'altra e diversa metodologia reputata di maggiore autorevolezza ed elevata persuasività, ma esclusivamente per invalidarla, dimostrando l'insufficienza di essa a poter essere posta, nel caso specifico, a fondamento delragionamento probatorio» (Cass.Pen. 15891/2015).

La sentenza.L'imputato contesta che la perizia effettuata dai RIS non gli attribuiva la paternità delle missive minacciose e che il giudice abbia ricondotto gli scritti a lui solo a causa della presenza di altri elementi.

La Corte sottolinea come in sede di legittimità non possano sollevarsi censure di fatto, giacché gli aspetti attinenti alla valutazione del materiale probatorio esulano dal sindacato della Suprema Corte.

Il giudice di legittimità non può fornire «una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali» (Cass. S.U. 6402/1997).

Conclusioni. In definitiva, la condanna del condomino viene confermata; la Corte ritiene corretto l'iter argomentativo adottato dal giudice di merito e rifiuta di offrire una rilettura degli elementi di fatto poiché si tratta di un sindacato che sfugge al suo controllo.

Nel caso di specie, l'imputato viene riconosciuto autore delle missive minacciose in quanto sia la perizia grafologica che il contenuto dello scritto riconducevano a lui i messaggi anonimi.(Cass. Pen. 57760/2017).

Avv. Marcella Ferrari

Avvocato del Foro di Savona

 

Fonte http://www.condominioweb.com/minacce-anonime-aventi-ad-oggetto-la-vita-condominiale-quale-rimedio.14501#ixzz55C6AWInv
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